I vandali sui crinali

Antonio Cederna: “Tra le persone civili e i vandali odierni nessun compromesso è possibile. Per ridicolizzarli e combatterli è utile conoscere i luoghi comuni ai quali essi fanno ricorso, quando vogliono mascherare le loro intenzioni e imbrogliare gli ingenui. Non crediamo mai una sola parola di questi Tartufi. Unica mira dei vandali è invece quella di realizzare immensi guadagni speculando. L’impudenza dei vandali è senza fine. Essi pretendono di apportare nuova bellezza”.

ced1Gli amici ed i discepoli di Antonio Cederna
erano da tempo abituati sia ai tributi postumi resi al grande polemista scomparso nel 1996, e divenuti ormai una ennesima forma di millanteria conformistica a costo zero, sia alle unanimi manifestazioni di devozione filiale a lui consacrate. Ne leggevano – divertiti – le lodi intessute persino da chi era stato oggetto dei suoi più sanguinari strali e da chi (ed erano molti) lo considerava, in vita, solo un insopportabile rompiscatole. Ma anche all’improntitudine c’è un limite. Questo limite è stato varcato in occasione del ventesimo anniversario della morte di Cederna, quando qualche “ambientalista del fare” (pare che adesso si debba dire così…) lo ha evocato come proprio padre nobile, per sostenere gli impianti ad “energie pulite” (per il volgo: i grandi impianti industriali ad energie rinnovabili per la produzione di elettricità ed in particolare gli impianti eolici sui crinali appenninici), per la cui realizzazione questi sedicenti epigoni di Cederna hanno dedicato “senza se e senza ma” il proprio impegno negli ultimi anni. Appare dunque opportuna una precisazione onde evitare pericolosi equivoci.
A tal fine, siccome concordiamo con chi ha scritto che “parafrasare Cederna è una sfida linguistica piuttosto frustrante, perchè si finisce piuttosto per ricopiarlo, arrendendosi all’evidenza che meglio di così quel fenomeno, evento, meccanismo, luogo, non poteva essere descritto o definito”, abbiamo preferito riproporre direttamente alcuni testi scritti da Cederna stesso, pur se – necessariamente – selezionati, accorciati ed accostati in modo arbitrario dai curatori di questo lavoro di disambiguazione. Solo i titoli sono nostre parafrasi. Lasciamo ai lettori il non arduo compito di dedurre quale sarebbe stata la reazione di Antonio Cederna verso il concreto rischio del coronamento di tutti gli Appennini, sul modello di quanto è già accaduto in Daunia ed altrove nel Sud (la speculazione territoriale più estesa dopo quella edilizia degli anni 60), con pale ciclopiche, che vent’anni fa non sarebbero state concepibili neppure nel peggiore dei suoi incubi.
Cominciamo oggi a proporre, qui di seguito, una breve silloge de “I vandali in casa”, opera di sessant’anni fa, che colpisce il lettore contemporaneo anche per l’indignazione, l’inflessibilità e l’asprezza dei toni, a cui in Italia non siamo più abituati dopo una generazione ingozzata di “molliccio” buonismo politicamente corretto e di melenso ecumenismo.
ced2 I vandali che ci interessano sono quei nostri contemporanei i quali, per turpe avidità di denaro, per ignoranza, volgarità d’animo o semplice bestialità, vanno riducendo in polvere le testimonianze del nostro passato. Le meraviglie artistiche e naturali del “Paese dell’arte” e del “giardino d’Europa” gemono sotto le zanne di questi ossessi: indegni dilapidatori di un patrimonio insigne, stiamo dando spettacolo al mondo.
Tra le persone civili e i vandali odierni nessun compromesso è possibile. Per ridicolizzarli e combatterli è utile conoscere i luoghi comuni ai quali essi fanno ricorso, quando vogliono mascherare le loro intenzioni e imbrogliare gli ingenui. Preliminare è sempre il pretesto igienico-moralistico. Il tenero cuore dei vandali è offeso; scopo dei loro amorevoli progetti sarebbe la bonifica, la salute dei cittadini. Non crediamo mai una sola parola di questi Tartufi. Unica mira dei vandali è invece quella di realizzare immensi guadagni speculando. L’impudenza dei vandali è senza fine. Essi pretendono di apportare nuova bellezza. Pretendono di incrementare la pubblica pietà. Genio dei vandali è la mezza verità, l’approssimazione, il generico e sommario argomentare, il molliccio buon senso. Forse che la storia non cammina? Ci si può opporre al suo fatale andare? Non ha i suoi diritti la vita? Si può “cristallizzare”, “imbalsamare”, ecc. un paesaggio o un complesso monumentale? E nella volgarità generale del gusto, nell’impreparazione dell’opinione pubblica, questo storicismo da mezze cartucce (per cui “tutto cambia”, “tutto è relativo”, ecc.) si alimenta e dilaga.
Viviamo ormai in una situazione paradossale: la distruzione senza rimedio, la volgare degradazione dei più straordinari complessi monumentali e naturali, la smisurata invasione del brutto, risultato dello spirito di violenza dei barbari speculatori, dell’abbietto conformismo degli organi responsabili, della pigrizia mentale delle classi colte, sono ormai considerate, dalla scettica opinione corrente come “realtà” a cui bisogna inchinarsi. Ogni passo sulla strada della rovina diventa pretesto e giustificazione e incentivo a una rovina più vasta. I bestioni trionfanti considerano come passatistico ingombro le testimonianze dell’arte e della storia, e giudicano trascurabili le ragioni dell’intelligenza, della cultura, della civiltà.
Dell’attività incessante e impunita dei vandali è certamente colpevole tutta la nostra cultura. La situazione in Italia si avvia a diventare disperata. Di fronte ad essa le persone che hanno qualche intelligenza si dividono in due schiere. I pigri si rendono conto con ritardo dei fatti, si ribellano e protestano, ma considerano le imprese dei vandali come isolate e saltuarie offese al buon gusto. Gli altri, più coscienti della gravità delle cose e delle loro cause, giudicano sterile prendere i vandali di petto, e preferiscono dedicarsi allo studio dei problemi di fondo, di struttura ecc., politici, economici, sociali. In entrambi i casi i vandali si avvantaggiano.
Di argomentazioni generose o garbate, di ragionamenti illuminati e logici, i vandali se ne infischiano: si illude chi crede di persuaderli politicamente, diplomaticamente, assennatamente. E’ necessario combatterli duramente, apertamente, giorno per giorno, senza perdere una sola occasione, con parzialità e passione e intransigenza, guardandoci bene dall’indulgere, dal giustificare, dal “capire le loro ragioni”. Occorre indagare, annotare pazientemente fatti e notizie, scempi, costruzioni distruzioni intenzioni follie progetti, preparare sistematicamente l’archivio per quella “Storia della rovina d’Italia”, di cui ogni giorno sentiamo la mancanza, e che sola potrebbe illuminare adeguatamente tutte le forme in cui si manifesta, o si nasconde, la monotona idiozia dei distruttori d’Italia.
I vandali trionfano anche per il silenzio delle persone ragionevoli, per l’assenza di una forte posizione moralistica: in attesa di tempi migliori, è bene servirsi dei mezzi a disposizione, quali la incessante campagna di stampa, la polemica acre e violenta, la protesta circostanziata e precisa, lo scandalo sonoro. Simulatori e ipocriti, i vandali tengono molto alla propria privata rispettabilità: giova schernirli e trattarli per quello che sono, malintenzionati cialtroni. Abituati a intimidire e corrompere, si trovano sconcertati di fronte all’inflessibile denuncia: la loro potenza è fatta di viltà altrui. Abituati a violare, impuniti, la legge e a spacciare per “esigenze tecniche” la loro avidità, non sanno che fare contro chi svela pubblicamente i loro raggiri. Sostenuti da una complicata rete di omertà, lo scandalo li può intimorire, scompigliare i loro piani, far rientrare i loro capricci. Occorre sfondare il sipario di complice riservatezza in cui operano, dilatare le loro colpe sul piano più ampio possibile, ridicolizzarli, screditarli, perseguitarli, processarli nelle intenzioni, mettendo in evidenza la sostanziale matta bestialità che li muove. Denuncia, protesta, polemica, scandalo, persecuzione metodica e intollerante: in un Paese di molli e di conformisti, la rivolta morale può essere almeno un elemento di varietà.

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