Riassunto.
Winter Outlook Entso-E come il bollettino della disfatta di Caporetto per il ministero dello Sviluppo: “Insufficienti interconnessioni tra Nord e Sud, riduzione della capacità di generazione termoelettrica, basso livello dei bacini idroelettrici, possibili eccessi di produzione degli impianti rinnovabili. Quanto all’eolico potrebbe presentarsi la necessità di tagliare la produzione. Le centrali termoelettriche dismesse sono state rimpiazzate solo parzialmente da nuova capacità rinnovabile non flessibile, turbando così l’adeguatezza e l’operatività del sistema elettrico per l’intera rete”. Già proclamato lo stato di pre-allarme per i rifornimenti energetici. Mentre nella nuova Strategia Energetica Nazionale il governo Gentiloni si balocca con le utopie eco-populiste che avvantaggiano gli speculatori eolici, una banale nevicata di poche ore a metà novembre lascia per alcuni giorni senza luce (e quindi senza riscaldamento, telefoni e persino senza… acqua!) tutta la montagna bolognese. Si confida che almeno le vittime di questo blackout dell’Appennino tosco-emiliano (e prossime vittime dell’impalamento eolico previsto dalla nuova Sen) reagiscano. I loro collegi elettorali sono tradizionalmente considerati serbatoi di voti sicuri per mantenere in eterno al potere l’attuale classe dirigente. Alle prossime elezioni politiche i cittadini dimostrino nei fatti, con un voto contrario ad un insostenibile status quo, la volontà di opporsi al declino, alla devastazione del loro territorio ed allo spopolamento.
“Sistema elettrico italiano a rischio inverno” titolava il Quotidiano Energia del 29 novembre scorso: “Insufficienti interconnessioni tra Nord e Sud, riduzione della capacità di generazione termoelettrica, basso livello dei bacini idroelettrici… possibili eccessi di produzione degli impianti rinnovabili. E’ la lista dei potenziali problemi del sistema elettrico italiano contenuta nel Winter Outlook 2017/2018 dell’associazione dei Tso europei Entso-E” (si tratta degli operatori dei sistemi di trasmissione elettrici; in Italia è la Terna. Ndr).
L’articolo del QE, che invitiamo a leggere integralmente dal sito web del “Quotidiano Energia“, è il bollettino della disfatta di Caporetto per il sistema elettrico italiano e per gli strateghi filo-eolici della nuova Strategia Energetica Nazionale (SEN):
– “Nell’eventualità di ondate di freddo e bassa disponibilità della generazione “le analisi indicano che potrebbero materializzarsi rischi in molti Paesi soprattutto nella seconda settimana di gennaio”. In condizioni particolarmente severe “sono previsti margini limitati in Gran Bretagna, Francia, Belgio, Polonia e Italia”. Per quanto riguarda in particolare il nostro Paese, l’Outlook ricorda che tra il 2012 e il 2017 sono stati chiusi 16 GW di capacità convenzionale (scesa così a 61 da 77 GW) e che ulteriori 3,4 GW non sono disponibili a causa di chiusure temporanee e questioni ambientali e legali”.
– “In condizioni normali, l’eccesso di capacità delle zone meridionali non potrà essere interamente trasferita in quelle settentrionali… per le strozzature della rete interna, ma le importazioni dai Paesi vicini potranno coprire le esigenze del Nord. Qualora si verificassero invece “condizioni severe”… permarrebbe l’impossibilità di portare al Nord l’eccesso di capacità del Sud mentre la capacità di import disponibile non sarebbe sufficiente a coprire la domanda del Nord poichè ridotta da una generale situazione di scarsità in Europa… Di conseguenza “nell’inverno 2017/2018 sono previsti rischi rilevanti per il sistema elettrico italiano nel caso di condizioni severe”.
– “L’Italia però non rischia soltanto un deficit di generazione, ma anche il suo contrario. Un elevato livello di produzione eolica e solare durante periodi di bassa domanda, infatti, potrebbe portare a un eccesso di produzione (“downward regulation”), in particolare nel Sud e nelle isole, con i periori più critici nelle settimane intorno a Natale”.
– “Il Winter Outlook si sofferma poi sulle riserve idroelettriche, che dopo un’estate molto secca sono tornate a livelli normali in quasi tutti i Paesi europei, con l’eccezione di Italia e Spagna dove i bacini sono ai minimi storici”. (In Italia, come noto, l’acqua delle grandi dighe viene usata per una molteplicità di usi a spregio delle potenzialità idroelettriche).
Non è la prima volta che un warning dell’Entso-E riguarda il sistema elettrico italiano. Leggiamo dall’articolo della Staffetta Quotidiana del primo dicembre “Elettricità, dopo il rischio estate c’è il rischio inverno”: “Per la seconda volta in un anno l’associazione europea dei gestori delle reti di trasmissione Entso-E lancia l’allerta sull’adeguamento del sistema elettrico italiano”. Per il problema specifico dell’eolico aggiunge: “Quanto all’eolico potrebbe presentarsi la necessità di tagliare la produzione in Irlanda e in alcune aree del Sud Italia in caso di eccesso di produzione rispetto alla domanda, in particolare per quanto riguarda la Sicilia.” L’articolo della Staffetta così conclude: “Infine, Entso-E fa il punto sull’evoluzione del parco di generazione: rispetto alla fine del 2016 le centrali termoelettriche dismesse sono state rimpiazzate solo parzialmente da nuova capacità rinnovabile non flessibile, turbando così l’adeguatezza e l’operatività del sistema elettrico per l’intera rete Entso-E”.
Ma le disgrazie, come noto alla saggezza popolare ma non ai nostri Napoleoni dell’energia elettrica che se le vanno a cercare col lanternino, non vengono mai sole. A fine novembre non si conosceva ancora un fatto che avrebbe ulteriormente peggiorato la già precaria situazione del sistema elettrico nazionale. Affidiamoci questa volta al Sole 24 Ore con l’articolo di Sissi Bellomo del 7 dicembre “Gas sempre più caro, in tre giorni +50% sul mercato italiano“:
“I rialzi sono legati alla recente ondata di freddo, ma anche a difficoltà di rifornimento, che hanno spinto il ministero dello Sviluppo economico a decretare lo «stato di pre-allarme». Si tratta del primo livello di crisi in una scala che in teoria – passando per l’«allarme» vero e proprio – può arrivare fino all’«emergenza»”.
Non male, se si pensa che siamo appena all’inizio di dicembre e l’inverno non è neppure cominciato. Così prosegue la Bellomo:
“Ci eravamo già trovati in una situazione simile a gennaio di quest’anno. E anche stavolta, com’è stato allora, non è detto che accada nulla di drammatico, anche se è probabile che dovremo sopportare rincari in bolletta, sia per il gas che per la luce (ci sono tensioni anche sul mercato dell’elettricità all’ingrosso, con il Pun o Prezzo unico nazionale a 75,9 €/MWh questo mese, contro una media di 42,8 € a dicembre 2016)”.
Come risaputo (ma è risaputo davvero?) i ribassi degli ultimi anni del prezzo di borsa dell’elettricità non sono stati determinati, se non in parte minore, dall’installazione di inverosimili quantità di eolico e fotovoltaico, ma, dato il modo in cui il prezzo si forma, dai risparmi ottenuti dalla tecnologia marginale ricorrente che in Italia è – per l’appunto – il gas.
“Non è detto che accada nulla di drammatico…” scrive dunque il Sole. Per non rimanere al freddo e al buio, ci ritroviamo dunque a fare affidamento, più che sul solito stellone italico, su Giove Pluvio, che in novembre ha riempito un po’ le dighe dei bacini idroelettrici che ancora alla fine di ottobre erano ai minimi storici per quel mese, e… sul riscaldamento globale ( ! ), per scongiurare un inverno rigido che rischierebbe di far colassare tutto il sistema elettrico europeo, artificiosamente gonfiato dalla speculazione con “nuova capacità rinnovabile non flessibile”.
Nel frattempo, anche in assenza di “condizioni particolarmente severe”, i nostri amministratori si sono coperti di ridicolo. Concentrati a far muovere l’Italia “da prima della classe” (pag. 113 nel testo della Sen) nel settore delle rinnovabili elettriche ed a raggiungere (pag. 75) “un obiettivo particolarmente ambizioso, superiore anche rispetto a quanto richiesto dai parametri europei“, non si sono curati di potare gli alberi vicini alle linee elettriche. Una banale nevicata di poche ore a metà novembre ha lasciato per alcuni giorni senza luce (e quindi senza riscaldamento, telefoni e persino senza… acqua!) tutta la montagna bolognese e alcune zone limitrofe (dove, per puro caso, si concentrano i comitati della Rete della Resistenza sui Crinali).
Se non fosse stato per le odiatissime (dagli ultrà ecologisti) automobili, si sarebbe potuto credere di essere tornati nell’era pre-industriale. Quasi centomila persone hanno sperimentato per qualche giorno, sulla propria pelle, le gioie della “decrescita felice”. Le pale eoliche di monte Galletto che giravano (quando giravano) sopra al paesino di Madonna dei Fornelli privo di energia elettrica, oppure le pale eoliche disseminate attorno a Monghidoro (forse il comune più colpito dalle conseguenze del blackout) aggiungevano un tocco surreale e beffardo alla drammatica situazione.
Si è trattato di un piccolo aperitivo di quello che, presto o tardi, capiterà a tutta l’Italia, in assenza di margini di riserva di generazione elettrica sicuri ed affidabili, necessari proprio per prevenire gli “imprevisti”.
Per aggiungere beffa alla beffa alle vittime dell’incuria, da Roma giungeva il seguente comunicato redatto da quegli stessi genii che avevano appena finito di scrivere la nuova Sen: “Il ministero dello Sviluppo economico sta seguendo con la massima attenzione l’evoluzione della situazione in corso nell’Appennino tosco-emiliano e monitora le azioni di ripristino del servizio in corso da parte di Enel al fine di limitare al massimo i disagi per le popolazioni colpite”.
Speriamo che seguendo e seguendo, monitorando e monitorando, a qualcuno di loro, prima o poi, venga il dubbio che calare le braghe davanti alle richieste di Enel, Terna, Anev, Aper, Assosolare e compagnia bella, affidando la produzione elettrica futura essenzialmente a una ulteriore pletora di impianti eolici e fotovoltaici, non sia stata una bella pensata. A meno che non si sia trattato, da parte del Mise, di una astuta tattica dilatoria in attesa di tempi migliori, gli esiti della nuova Sen potrebbero persino condurre, in caso di grave ed “imprevisto” incidente di rete a livello nazionale, ad un repulisti a palazzo Piacentini.
Con colpevole ritardo sono intervenuti anche i sindacati del settore elettrico, che in una nota post factum hanno manifestato “preoccupazione per il rischio relativo alla sicurezza della continuità del servizio elettrico con l’arrivo della stagione invernale” aggiungendo che i piani di resilienza (di cui tanto si parla nella nuova Sen, forse con finalità esorcistiche) “non hanno affatto sanato tale situazione” e che “le strutture di supporto e controllo del gruppo Enel” interpretano “la loro missione in termini esclusivamente di proprio profitto economico”. Ma chi lo avrebbe mai detto!
E pensare che l’Enel ha appena speso tanti quattrini nel recente convegno “L’Italia e le energie rinnovabili” per glorificare proprio la sua nobile “mission” salvifica per il Pianeta, facendo piangere di commozione le donne presenti in sala. L’Enel ha coinvolto nella manifestazione pure un entusiasta neoconvertito al “pensiero elettrico”: il Premier (legambientino) Gentiloni. Il Presidente del Consiglio, in quella evidentemente storica occasione riproposta fino alla nausea dai Tg Rai ed enfatizzata dai quotidiani mainstream, non è arrossito neppure nel riportare le spudorate cifre sull’occupazione nel settore fornitegli dalla fondazione Symbola del presidente onorario di Legambiente e presidente della Commissione Ambiente della Camera Ermete Realacci.
Ad ogni buon conto, i sindacati del settore elettrico italiani non hanno compreso bene il nocciolo del problema, che invece non è sfuggito ai loro omologhi francesi. Questi, in una nota, hanno lanciato l’allarme sulla fragilità del parco di generazione francese, “fortemente degradato” a causa della “scarsità di mezzi di produzione non intermittenti”. Ma del “caso Francia”, per molti versi analogo a quello italiano per l’azione analoga di analoghe lobby (alcune delle quali, in azione a Bruxelles e Strasburgo, sono le stesse), parleremo a parte.
Questi ultimi fatti confermano quanto scritto all’indomani della pubblicazione del testo definitivo della nuova Sen di Calenda e Gentiloni dal presidente di Nomisma Energia Davide Tabarelli sul Sole nell’articolo “Petrolio e gas restano ancora centrali per il futuro“:
“L’Italia ha un urgente bisogno di strategia nazionale per unire un paese sfilacciato, diviso, impoverito dalla deindustrializzazione. Il tentativo, encomiabile, lo fa nell’energia, ma i risultati deludono, mentre spiccano intendimenti da rivoluzione verde che rischiano di assecondare la deriva populista in atto… La nuova Strategia sembra puntare tutto sugli obiettivi “verdi” che devono necessariamente attenersi a quelli comunitari, molto ambiziosi, sui quali trova un po’ di condivisione, molto facile, quasi tutta la politica italiana”.
E’ sul quel “quasi” che facciamo affidamento. Se nessuna forza politica italiana avrà il coraggio di rompere il conformismo (non solo nel campo energetico) dettato dalle élite globalizzate – e che ha portato l’Italia e l’Europa alla decadenza – non ci saranno speranze per il futuro. Eppure le strade alternative da percorrere per l’energia sarebbero millanta. Una per tutte la proposta formulata dagli Amici della Terra.
Ricordiamo, per concludere la rassegna stampa, quanto scritto di recente sul Corriere da Francesco Giavazzi nell’articolo “Indicare le priorità, evitare le mance“:
“Blandire questa o quella categoria elargendo agevolazioni o confermando privilegi stratificati nel tempo, può essere utile a confermare il proprio consenso, di certo non ad allargarlo”.
Questa è una regola aurea, in tempi di profonde turbolenze e di declino. Con la Sen, però, Gentiloni e Calenda se ne sono dimenticati. Ora Calenda finge di fare il Cincinnato per poi riproporsi, come avevamo previsto molti mesi fa, come Premier di un futuro governo di coalizione PD – Forza Italia. La pusillanimità democristiana verso i “Poteri Forti” dimostrata proprio nella vicenda Sen e l’incoerenza rispetto al precedente decisionismo e alla discontinuità fino ad allora auspicata, gli hanno però tolto molto appeal.
Conclude Giavazzi:
“L’area di astensione dal voto, che va ampliandosi, testimonia il grado di attenzione dei cittadini per una politica che quotidianamente ci chiede di fare i conti con inefficienze e burocrazia, mentre non riesce a capire che è in casa propria che deve guardare”.
Speriamo che almeno gli interessati al recente blackout dell’Appennino tosco-emiliano (e prossime vittime dell’impalamento eolico previsto dalla nuova Sen) reagiscano. I loro collegi elettorali sono tradizionalmente considerati serbatoi di voti sicuri per mantenere in eterno al potere l’attuale classe dirigente. Alle prossime elezioni politiche i cittadini dimostrino nei fatti, con un voto contrario ad un insostenibile status quo, oppure con l’astensione (che è perfettamente legittima ed ha un preciso significato politico, diverso dal voto e dalla scheda bianca), la volontà di opporsi al declino, alla devastazione del loro territorio ed allo spopolamento.
Qui e nel nostro precedente post abbiamo evocato per il sistema elettrico nazionale il disastro di Caporetto. Il futuro Presidente della Repubblica Luigi Einaudi scorse allora in quella sconfitta il segno di una profonda decadenza morale, ovvero della perdita degli ideali risorgimentali, da lui imputata al progredire del materialismo e dell’utilitarismo. Nella triste vicenda della Sen, ma anche in tutta l’ignobile vicissitudine della concessione degli incentivi abnormi alle rinnovabili elettriche, abbiamo colto una similare decadenza morale di un intero establishment. Pure di questa questione – non certo banale – ci occuperemo un’altra volta, con più agio.
Alberto Cuppini