Alla Green Week di Trento parla l’amministratore delegato del più grande gruppo italiano: “L’Italia è un Paese bello e piccolo e tra l’altro non è che ci sia quella incredibile disponibilità di risorse eoliche. Quindi su questa battaglia delle pale eoliche secondo me più di tanto è inutile accanirsi perchè francamente il vento che c’è in Italia non è che sia fantastico. Ci sono in Italia grandi risorse idroelettriche ancora da usare; si può raddoppiare la produzione geotermica; c’è un grande avvenire nel solare a patto che non siano campi solari da ettari, ettari, ettari: ci sono circa due milioni di ettari sui tetti italiani che, se vogliamo coprire con un po’ di pannelli, non fa male a nessuno. Quindi teoricamente l’Italia con le attuali tecnologie già ce la potrebbe fare. Le decisioni devono essere fatte adesso e chiaramente devono essere fatte d’accordo con tutti. Non possiamo dire: “Scusate, adesso vi riempiamo i campi di pannelli perchè bisogna chiudere la centrale X e la centrale Y”. La gente deve essere d’accordo. Quindi quello è un tema che un po’ va gestito anche a livello del Governo. Il consenso delle popolazioni e di tutti è fondamentale. Siamo in democrazia e non siamo in Cina e quindi, per fortuna devo dire, è giusto che questa cosa venga gestita con attenzione”.
In Italia, la tragedia della “Seconda Repubblica” si conclude, per una classe dirigente smarrita, con l’agnizione del demos.
Terrificante il potere misterioso della democrazia! Nè le ricchezze, nè il potere, nè il controllo dei mass media possono tenerla a bada.
Dopo che una generazione (una sola generazione!) ha sopportato, di seguito e senza batter ciglio, la perdita della sovranità nazionale con il trattato di Maastricht, la globalizzazione con l’ingresso della Cina nel WTO e la conseguente deindustrializzazione del Paese, l’impoverimento del proletariato e la proletarizzazione della borghesia, l’improvviso e incontrollato arrivo di milioni e milioni di immigrati in presenza di una disoccupazione indigena spaventosa, il crollo demografico, la progressiva erosione delle tutele del lavoro, una emigrazione – specie giovanile – numericamente equivalente a quella verificatasi attorno al 1900, la scomparsa virtuale dell’istituzione Famiglia e infine, durante l’ultima legislatura, l’imperversare del furore ideologico del multietnicismo e del multiculturalismo, imposti dalle sue stesse èlite globalizzate, gli italiani domenica 4 marzo hanno bruscamente detto basta ed hanno staccato la spina ai loro tradizionali “rappresentanti”.
L’establishment italiano, che – in base al Pensiero Unico Mondialista – ormai riteneva di essere diventato onnipotente e superiore al proprio popolo, si è improvvisamente trovato a doversi riposizionare. Non sarà facile, per chi finora ha prosperato in quanto appartenente a una casta in un ambiente che negava capacità e meriti, ma il tentativo è d’obbligo, essendo in gioco la sua stessa sopravvivenza.
Solo in quest’ottica si può comprendere la brusca virata “populista” dell’amministratore delegato dell’Enel, azienda diventata, con il business delle rinnovabili elettriche, la più grande azienda italiana per fatturato. Ne siamo venuti a conoscenza dall’incontro di venerdì scorso tra Francesco Starace, l’ex presidente della Commissione Ambiente della Camera Ermete Realacci e il presidente dell’IMA Alberto Vacchi, organizzato in occasione della Green Week di Trento, per la quale ha ritenuto opportuno scomodarsi nientemeno che il presidente del Consiglio Gentiloni.
A proposito di Pensiero Unico Mondialista e rinnovabili elettriche, fino all’altro ieri le nostre èlite avrebbero voluto che si acconsentisse senza reagire a sacrificare il nostro territorio ed il nostro paesaggio con una pletora di pale eoliche sui crinali montani, pannelli fotovoltaici nei campi e sulle colline, impianti a biomasse ammorbanti ed il sequestro dell’acqua dei torrenti montani al fine di… “salvare il Pianeta”!
I giornali italiani “mainstream”, al contrario dell’Enel, appaiono invece più riluttanti ad accettare il fatto compiuto e le conseguenze del risultato elettorale che, peraltro, erano stati incapaci di prevedere. Solo così si può spiegare la superficialità del Corriere della Sera, che ignora la svolta nella policy dell’Enel e che nel resoconto dell’incontro di Trento accenna solo distrattamente al “vento”. Ancor più significativa appare la totale assenza dell’informazione incriminata nell’equivalente, lungo articolo del Sole.
Riteniamo dunque necessario, per completezza d’informazione e spirito di servizio, riportare testualmente i passaggi più interessanti dell’intervento di Starace, che, volendo, potrete ascoltare direttamente in questo video, dal minuto 59 in avanti.
Starace:
Ci sono ancora cinque centrali a carbone in Italia.Tre di queste hanno una vita che non arriva oltre il 2021 perchè ormai sono alla fine della loro esistenza. Tra l’altro una l’avremmo già chiusa se il Governo non ci avesse chiesto di tenerla accesa perchè erano preoccupati che, l’anno scorso, ci fosse una crisi di gas. Le ultime due verranno chiuse da qui al 2025, secondo l’ipotesi della Strategia Energetica Nazionale che ci trova anche abbastanza d’accordo. Quello che adesso dobbiamo fare insieme con il Governo che verrà, è quali politiche e quali decisioni si devono prendere ADESSO per essere pronti a staccare la spina a queste due centrali nel 2025. Senza queste decisioni adesso, se le stacchiamo nel 2025, parti d’Italia vanno al buio e quindi non è una cosa carina. Però il tempo di farlo c’è, cioè si può tranquillamente programmare questo progressivo atterraggio.
…
Moderatrice:
Tutti si stanno orientando sulle rinnovabili… Non è facilissimo e anche le rinnovabili trovano talvolta nelle comunità locali anche opposizione. Per esempio le pale eoliche: ci sono i comitati che non le vogliono… Quindi non è automatico.
Starace:
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L’Italia è un Paese bello e piccolo e tra l’altro non è che ci sia quella incredibile disponibilità di risorse eoliche anche in Italia.
Quindi questa battaglia delle pale eoliche secondo me più di tanto è inutile accanirsi perchè francamente il vento che c’è in Italia non è che sia fantastico.
Ci sono in Italia grandi risorse idroelettriche ancora da usare; si può raddoppiare la produzione geotermica (sì!); c’è un grande avvenire nel solare (sì!) a patto che non siano campi solari da ettari, ettari, ettari, ma ci sono – forse voi non lo sapete – ma ci sono circa due milioni di ettari sui tetti italiani che sono… diciamo non è che i tetti italiani sono tutti meravigliosi… sono due milioni di ettari di tetti che, se vogliamo coprire con un po’ di pannelli, non fa male a nessuno.
Quindi teoricamente l’Italia con le attuali tecnologie già ce la potrebbe fare.
Poi, se uno va a vedere da qui al 2030 – 2040, ci sarà sicuramente una produzione di energia da fonte marimotrice, quindi dalle onde del mare. C’è un po’ di tutto che arriva. Non è un problema vedere da qui al 2030 – 2040 – 2050. Spegnere quelle due centrali nel 2025 richiede però delle decisioni puntuali che devono essere fatte adesso e chiaramente devono essere fatte d’accordo con tutti. Non possiamo dire: “Scusate, adesso vi riempiamo i campi di pannelli perchè bisogna chiudere la centrale X e la centrale Y”. La gente deve essere d’accordo. Quindi quello è un tema che un po’ va gestito anche a livello del Governo. Non lo ritengo impossibile: il tempo di farlo c’è.
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Il consenso delle popolazioni e di tutti è fondamentale. Siamo in democrazia e non siamo in Cina e quindi, per fortuna devo dire, è giusto che questa cosa venga gestita con attenzione.
Ci permettiamo di fare notare che alcune delle considerazioni qui proposte da Starace erano presenti già nel documento di osservazioni, redatto dalle associazioni ambientaliste nostre amiche, al testo della Strategia Energetica Nazionale (Sen) sottoposto a pubblico dibattito. Ricordiamo altresì come non solo tali osservazioni sono state ignorate dal Governo, ma addirittura il testo definitivo della Sen ha premiato le pretese più brutali degli speculatori.
Peccato che, mentre Starace parlava, la cinepresa non inquadrasse il viso di Ermete Realacci o dei lobbysti dell’eolico che affollano questo genere di manifestazioni. Realacci va umanamente compreso. E’ difficile passare dall’apoteosi del convegno organizzato nel dicembre scorso dall’Enel “L’Italia e le energie rinnovabili“, dove il Premier Gentiloni proclamava il trionfo delle tesi di Legambiente per la transizione alle rinnovabili, all’esclusione dalle liste elettorali e all’annichilimento del partito di riferimento.
Parimenti è difficile riconoscere lo Starace di venerdì scorso come l’ideatore di quella delirante scenografia di tre mesi prima con le pale eoliche giganti incombenti sull’Italia.
All’amministratore delegato dell’Enel va peraltro riconosciuto questo sforzo di apertura alle esigenze delle “popolazioni”. Ora attendiamo qualcosa di analogo anche da Calenda, che, in sede di presentazione della nuova Sen, aveva al contrario intimidito (provato a intimidire, per meglio dire) i riottosi sentenziando che “chi deciderà di opporsi alle nuove infrastrutture deve essere consapevole che ostacolerà anche il processo di decarbonizzazione”. Dopo i pessimi risultati elettorali, il ministro dello Sviluppo Economico aveva concesso che “Abbiamo dato la sensazione di essere élite“.
Già dalle prossime settimane, contrastando le pretese degli speculatori per ulteriori incentivi entro il 2020, Calenda ha l’occasione di smentire questa sensazione che, dobbiamo ammettere, abbiamo provato – acutamente – anche noi dei comitati e delle associazioni contro l’eolico. La sua posizione deve comunque essere: no incentivi. Il nostro “dovere” per gli obiettivi al 2020 lo abbiamo già fatto. Sanguinosamente. I nostri partner europei ancora NO. Adesso, almeno fino al 2020, non si deve parlare di elargire altri soldi a carico delle bollette elettriche. Non c’è alcuna fretta, a meno di non volere di nuovo “dare la sensazione” di favorire i soliti clientes. Ma il concetto più importante da affermare è che la competenza per impegnare altre risorse degli italiani spetta al prossimo Governo. Lo stesso ad dell’Enel Starace, a Trento, ha affermato esplicitamente che le politiche e le decisioni si devono prendere “insieme con il Governo che verrà”.
Alberto Cuppini