Ancora la filastrocca del NIMBY

Gli italiani si scoprono anti-rinnovabili! O, come sarebbe stato opportuno chiarire: gli italiani si scoprono contrari alle speculazioni legate agli impianti industriali fuori da ogni controllo che sfruttano le energie rinnovabili solo per ricevere gli incentivi pubblici più alti d’Europa.

Qualcuno se n’è finalmente accorto:
Nimby, gli italiani si scoprono anti-rinnovabili ” e “Se la contestazione riguarda anche le energie ‘pulite‘”

Che strano! Chi l’avrebbe mai detto? Questi cattivacci se la prendono anche con l’energia pulita, ci suggeriscono i due articoli-fotocopia.

Peccato che, alla fine, nessuno (nè centro studi, nè Repubblica, nè Corriere) giunga alla conclusione logicamente necessaria e cioè che ci deve pur essere un motivo valido di contestazione collettiva. Non si tratterà forse di una rivolta di massa nel vedere trasformare le zone rurali d’Italia in una unica, gigantesca, area industriale per finalità puramente speculative, senza logiche economiche ed energetiche valide?

E così, accettando a priori come buone le energie rinnovabili, sfugge a tutti perchè questa stessa resistenza definita con grande originalità “NIMBY” non si riscontra (almeno come dovrebbe, e a maggior ragione) per le infrastrutture e gli impianti industriali; l’articolista del Corriere se ne meraviglia, preferendo, troppo semplicisticamente, parlare di “paradosso”.

L’articolista non si pone cioè la domanda fondamentale: non sarà che tutti questi individui (numeri molto sottodimensionati, invero, se si considera che per l’eolico le “contestazioni” vengono calcolate in appena 29 in tutta Italia. Solo la nostra Rete ne raccoglierebbe, in un tratto appenninico relativamente breve, oltre la metà) abbiano buone ragioni per opporsi a questa follia senza precedenti?

Noi ci siamo costituiti in una Rete anche per dimostrare che il problema non ha una natura “NIMBY”, ma, vista la sua estensione e la sua capillarità, riguarda tutto il nostro territorio, non solo il proprio giardinetto di casa. Questo territorio si chiama “Italia”. I tecnocrati sono in grado di percepire questa differenza qualitativa rispetto ad altre realtà geografiche, prescindendo dagli intenti speculativi che pure contestiamo? Noi combattiamo l’eolico-industriale selvaggio ovunque.

Auspichiamo quindi che la grande stampa nazionale ascolti, a titolo di esempio, anche la voce delle decine di migliaia di cittadini che si oppongono all’eolico-industriale. Sono, in genere, persone che vivono in contesti geograficamente e culturalmente marginali, spesso in zone deboli dal punto di vista dell’economia e con scarsissimi mezzi di difesa dalle prepotenze baronali commesse da organizzazioni onnipotenti.

I cronisti, in questo modo, farebbero il loro lavoro e rimarrebbero meravigliati.

Certo è che copiare le cartelle stampa distribuite dal centro studi che ha redatto questo rapporto è più semplice ed evita un sacco di problemi con la proprietà dei giornali e con gli inserzionisti…

A proposito (e detto senza ironia): chi commissiona questi rapporti? Noi ne vorremmo redigere moltissimi, per illustrare le nostre tesi, ma mancano i denari. Con il volontariato e l’auto-finanziamento non si va molto in là. I soldi vengono drenati soprattutto dalle spese legali, per affermare i nostri diritti. Ci sono dei mecenati che ci possono supportare come fanno con i vari osservatori NIMBY improvvisamente comparsi? Anche noi abbiamo una nostra dignità e questo studio conferma, seppure ridimensionandoli molto, i nostri numeri e testimonia, involontariamente, una carenza di rappresentatività sugli organi di informazione.

Noi ci stiamo impegnando, ad esempio, per valutare i danni alla salute degli enormi impianti eolici presso le abitazioni ed i luoghi di lavoro (in assenza di studi specifici in Italia), ma la carenza di fondi ha ritardato, sempre a titolo di esempio, una inchiesta che avremmo voluto commissionare proprio per una “comparazione di costi e benefici sul modello della legge francese”, in supplenza delle gravi carenze in questo senso della pubblica amministrazione nazionale e locale.

Saremmo lieti di trovare anche noi dei finanziatori per una giusta causa di utilità pubblica.

L’unica cosa che ci trova parzialmente d’accordo in questa analisi del Corriere, piena di capriole dal punto di vista dell’analisi logica, è la presenza in Italia di una classe politica “percepita” distante. Metto il percepita tra due apici perchè, in realtà, essa non viene “percepita” ma “è” distante.

Non solo dai cittadini, ma anche dal senso comune.

La causa dello scandalo della bolla speculativa delle rinnovabili è proprio la politica. Non solo italiana ma, in questo caso, anche europea.

Generalizzando (ma non troppo) concludo osservando che, sempre di più, gli italiani “percepiscono” distante anche la stampa. E non solo in materia di energie rinnovabili.

Alberto Cuppini

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