Nuovo sito RRC

Il sito Rete Resistenza Crinali si sposterà sul nuovo dominio:
www.reteresistenzacrinali.it.

Il sito attuale
https://reteresistenzacrinali.wordpress.com
rimarrà attivo come archivio.

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Pro memoria per i sostenitori dell’eolico industriale: avete perso le elezioni

Dopo la débâcle elettorale del governo Gentiloni, contro tutte le evidenze e nonostante gli obiettivi al 2020 siano stati già da tempo raggiunti a costi altissimi, a Roma prosegue l’iter del decreto ministeriale per incentivare un enorme numero di grandi impianti Fer non programmabili nel prossimo triennio.

A Roma business as usual.
Sta accadendo qualcosa di paradossale e che ci lascia sconcertati: nei Sacri Palazzi del Potere (amministrativo, economico, mediatico, culturale, religioso ecc.) gli esiti del voto alle recenti elezioni politiche sono stati rimossi.
Per scrupolo ci siamo precipitati in una libreria giuridica per consultare la più recente edizione della Costituzione italiana, nel timore che qualcosa fosse cambiato, all’insaputa di tutti, tra il 4 marzo ed oggi. Falso allarme: abbiamo avuto conferma che – almeno per il momento – in Italia, secondo l’articolo 1, la sovranità appartiene ancora al popolo.
Stando così le cose, non sappiamo se le ragioni di questo comportamento delle nostre élite siano di natura psicanalitica, come pure alcuni sintomi indurrebbero a credere, oppure se non sia già in atto una strategia per svuotare di significato e di contenuti la fortissima espressione della volontà popolare di cambiamento.
Anche nel nostro piccolo (ma neanche troppo piccolo, visto che nel 2016 i costi diretti e indiretti dell’incentivazione delle sole Fer elettriche sono stati superiori all’uno per cento del PIL e sono destinati ad un inevitabile raddoppio nel caso di un raddoppio della produzione incentivata per il 2030, come previsto dalla Sen di Calenda e Galletti) abbiamo testimonianze di questa grave (anzi: gravissima!) patologia in atto.
Dopo la débâcle elettorale del governo Gentiloni, contro tutte le evidenze e nonostante gli obiettivi al 2020 già da tempo raggiunti, i rischi di blackout, i costi in bolletta esorbitanti, gli aumenti preannunciati, a cui si somma l’ultimo balzello, considerato dall’opinione pubblica particolarmente odioso, di “spalmatura” degli oneri di sistema (cioè in larghissima parte gli incentivi alle rinnovabili) dei clienti morosi nelle bollette degli altri utenti per salvare i conti delle società di distribuzione elettrica più spregiudicate e superficiali, prosegue infatti l’iter del decreto ministeriale (c.d. decreto Fer 1) per incentivare un enorme numero di grandi impianti Fer non programmabili anche nel prossimo triennio.
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Starace (Enel): “Su questa battaglia delle pale eoliche è inutile accanirsi perchè il vento che c’è in Italia non è fantastico”

Alla Green Week di Trento parla l’amministratore delegato del più grande gruppo italiano: “L’Italia è un Paese bello e piccolo e tra l’altro non è che ci sia quella incredibile disponibilità di risorse eoliche. Quindi su questa battaglia delle pale eoliche secondo me più di tanto è inutile accanirsi perchè francamente il vento che c’è in Italia non è che sia fantastico. Ci sono in Italia grandi risorse idroelettriche ancora da usare; si può raddoppiare la produzione geotermica; c’è un grande avvenire nel solare a patto che non siano campi solari da ettari, ettari, ettari: ci sono circa due milioni di ettari sui tetti italiani che, se vogliamo coprire con un po’ di pannelli, non fa male a nessuno. Quindi teoricamente l’Italia con le attuali tecnologie già ce la potrebbe fare. Le decisioni devono essere fatte adesso e chiaramente devono essere fatte d’accordo con tutti. Non possiamo dire: “Scusate, adesso vi riempiamo i campi di pannelli perchè bisogna chiudere la centrale X e la centrale Y”. La gente deve essere d’accordo. Quindi quello è un tema che un po’ va gestito anche a livello del Governo. Il consenso delle popolazioni e di tutti è fondamentale. Siamo in democrazia e non siamo in Cina e quindi, per fortuna devo dire, è giusto che questa cosa venga gestita con attenzione”.

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In Italia, la tragedia della “Seconda Repubblica” si conclude, per una classe dirigente smarrita, con l’agnizione del demos.
Terrificante il potere misterioso della democrazia! Nè le ricchezze, nè il potere, nè il controllo dei mass media possono tenerla a bada.
Dopo che una generazione (una sola generazione!) ha sopportato, di seguito e senza batter ciglio, la perdita della sovranità nazionale con il trattato di Maastricht, la globalizzazione con l’ingresso della Cina nel WTO e la conseguente deindustrializzazione del Paese, l’impoverimento del proletariato e la proletarizzazione della borghesia, l’improvviso e incontrollato arrivo di milioni e milioni di immigrati in presenza di una disoccupazione indigena spaventosa, il crollo demografico, la progressiva erosione delle tutele del lavoro, una emigrazione – specie giovanile – numericamente equivalente a quella verificatasi attorno al 1900, la scomparsa virtuale dell’istituzione Famiglia e infine, durante l’ultima legislatura, l’imperversare del furore ideologico del multietnicismo e del multiculturalismo, imposti dalle sue stesse èlite globalizzate, gli italiani domenica 4 marzo hanno bruscamente detto basta ed hanno staccato la spina ai loro tradizionali “rappresentanti”.
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Addio a un amico

In occasione della scomparsa di Carlo Ripa di Meana, il Presidente di Italia Nostra Oreste Rutigliano ne ricorda l’impegno a sostegno dei comitati contro “i padroni del vento”. Potrete riascoltare qui le parole di Ripa di Meana pronunciate al convegno “Il paesaggio sotto attacco. La questione eolica”, da lui organizzato a Palermo nel 2009.

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Carlo Ripa di Meana è morto ieri 2 marzo 2018.
E stato Presidente nazionale di Italia Nostra dal 2005 al 2007, a seguire Presidente della Sezione di Roma fino a quando ne ha avuto la forza, fino a circa 4 anni fa.
Devo e voglio parlarne, poiché non appena ebbi modo di conoscerlo lo spinsi ad approdare verso Italia Nostra.
Insieme fondammo, ed era il 2001, il Comitato nazionale del Paesaggio per avere uno strumento agile di riferimento per tutti coloro che soli ed incompresi combattevano nei paesi più sperduti della dorsale appenninica contro l’ invasione delle centrali eoliche industriali.
In difesa del valore paesaggio da mettere sempre avanti a qualunque altra esigenza ed interesse.
Quella azione di tutela rivolta ai territori più deboli ed indifesi non poteva non essere in toto condivisa alla fine anche in Italia Nostra.
Ed ecco come egli ebbe modo di iscriversi alla sezione di Roma, e di essere eletto nel Consiglio nazionale nel 2003.
La sua presenza in Consiglio nazionale consentì, nel momento della crisi del 2005 quando i creditori erano alle porte del villino Astaldi per ipotecarlo e la sede nazionale sbandava sotto manovre personalistiche di pochi, di avere a disposizione un uomo pronto a guidarla.
Fu eletto di fatto per acclamazione Presidente e tenne per due anni il timone con la sua consueta fermezza, dando ogni sua energia fisica e mentale. Con una presenza costante tra i dipendenti, facendosi apprezzare come il bravo comandante tra i suoi soldati.
Sua prima preoccupazione fu quella di rinsaldare il legame con i padri fondatori. Con Bassani in particolare, lasciando a me il compito di riportare con fedeltà il pensiero di Antonio Cederna.
Chiunque può sapere chi è stato leggendo i siti ed i quotidiani di oggi.
Per quanto mi riguarda, fui colpito dal suo modo di affrontare i problemi in modo scientifico, ad organizzare e sferrare colpi decisivi.
Non a caso in un solo anno al Ministero dell’Ambiente aveva varato 5 nuovi Parchi Nazionali.
Dopo le sue esperienze ai piani alti della politica, Commissario europeo all’ Ambiente per due mandati, parlamentare Europeo e Presidente della Biennale di Venezia, scherzava dicendomi che se non lo avessi trascinato nella avventura contro i Mulini a vento si sarebbe trovato “a fare il pensionato ai giardinetti”.
In verità ciò che mi ha colpito è stata la sua capacità di militanza reinventata dopo i 75 anni con l’ardore di un ventenne.
Ricordo con grande nostalgia i nostri viaggi in Molise, in Puglia, in Basilicata in Campania, in Toscana, per recare sostegno a piccoli Comitati di cittadini in lotta contro i padroni del vento.
In quei viaggi in auto con lui, che rigorosamente teneva il volante, potei apprezzare la vastità della sua esperienza e della sua cultura, venendo io stesso risucchiato in capacità di interlocuzione per me insospettabili, quasi sapesse trasmettere energie al mio stesso pensiero. Senza che peraltro venisse meno una qual certa allegria mista ad un sano anticonformismo.
E ora non dimentichiamolo.
Italia Nostra che è ancor oggi la Associazione più rappresentativa nella capacità di immaginare, esigere e assicurare la tutela di tutto quanto di straordinario ci ha lasciato il passato, sappia conservare anche la memoria degli uomini straordinari che l’hanno guidata.
Tra essi oggi entra a pieno diritto Carlo Ripa di Meana.

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Avete voluto l’eolico? E noi domenica non vi votiamo!

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Domenica prossima alle elezioni politiche abbiamo l’occasione (l’ultima occasione?) per fermare il disastro che attende il nostro Appennino se la nuova Strategia Energetica Nazionale, vergognosamente succube delle pretese della lobby eolica, venisse implementata.
Con la Sen, il Governo di Gentiloni (e di Calenda e di Galletti), insofferente alle nostre critiche e disinteressato ai nostri suggerimenti, ha fatto una precisa scelta di campo contro di noi.
A maggior conferma di ciò, in queste ultime settimane al Ministero dello Sviluppo Economico ed a quello dell’Ambiente è stata condotta una furibonda lotta contro il tempo per mettere, quanto più possibile, il prossimo Governo di fronte al fatto compiuto in materia di rinnovabili elettriche non programmabili. Non sappiamo se, alla lunga, questa tattica si rivelerà premiante per i lobbysti, perchè spetterà proprio al prossimo Governo trasmettere a Bruxelles l’imprescindibile Piano Nazionale energia e clima per il 2030, da cui tutte le loro sorti dipendono. Dare per scontata l’automatica ratifica della Sen del Governo Gentiloni (specie nell’ipotesi di un Governo Gentiloni sonoramente bocciato alle elezioni) come “base programmatica e politica” del Piano Nazionale ci appare un atto di superficialità; o di tracotanza. Ma tant’è.
Scorriamo, a mero titolo di esempio di questo discutibile operare delle alte burocrazie ministeriali, qualche titolo apparso di recente sui quotidiani italiani:
– dal Quotidiano Energia del 6 febbraio: “Decreto Fer: anche Cib, Free e M5S richiamano il Governo” e nel sottotitolo: “Terminare il lavoro entro fine legislatura”. Leggiamo nell’articolo: ” Si moltiplicano gli appelli al Governo sull’emanazione del decreto d’incentivazione alle rinnovabili relativo al periodo 2017-2020… Il decreto Fer, dunque, si auspica arrivi “prima delle prossime elezioni, come promesso”.
A cui incredibilmente segue già il giorno dopo, 7 febbraio, la notizia del sollecito adempimento del richiamo, riportata
– dallo stesso Quotidiano Energia: “Incentivi Fer: bozza decreto inviata al Minambiente” e nel sottotitolo: “Resta confermato l’obiettivo di avviare l’iter interno e presso la Ue prima del voto.”
E ancora:
– dalla Repubblica dell’ 8 febbraio: “Ok da Bruxelles alle aste di capacità. Bollette più pesanti”. E
– da Italia Oggi del 10 febbraio: “Per decreto. Eolico, ora procedure più semplici”.
Uno sforzo amministrativo invero degno della miglior causa, che però potrebbe essere vanificato dall’insediamento di un nuovo Governo NON amico. Cerchiamo di dare il nostro NON PICCOLO contributo per far sì che proprio questo accada. Ben difficilmente, infatti, questo Governo NON amico accetterà di raddoppiare lo sforzo finanziario già ingentissimo a carico delle bollette elettriche degli italiani per compiacere le clientele altrui.
Ricordiamo però, per evitare di passare dalla padella alla brace, che l’attuale offerta politica alternativa agli “impalatori” Gentiloni, Calenda e Galletti propone – sebbene si stenti a crederlo – anche di peggio  e addirittura di molto peggio.

Ecco dunque il principio ispiratore per domenica prossima dei comitati, delle associazioni e dei cittadini che hanno combattuto la speculazione di questi ultimi anni: esprimere un NO deciso a tutti gli amici degli eolici.
In un simile proliferare, nelle liste elettorali, di “ambientalisti del fare” e di utopisti sconsiderati non sappiamo – nè vogliamo – indicare niente di più preciso. Delle (innumerevoli) alternative alla Sen di Gentiloni parleremo, con agio, dopo il castigo elettorale dei responsabili.
Codesto solo oggi possiamo dirvi: ciò che non siamo e ciò che non votiamo.

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Tutti in bolletta

Rassegna stampa degli aumenti di fine anno nelle bollette elettriche, che favoriscono sfacciatamente i poteri forti e i nuovi boiardi della green economy. Nonostante i costi fuori controllo e contro ogni evidenza, a Roma si prosegue senza vergogna ad escogitare nuovi balzelli per favorire le rinnovabili elettriche non programmabili, causa prima di tutti questi disastri, ed anzi, dopo che il Presidente della Repubblica ha sciolto le Camere, si è intensificato l’attivismo ministeriale in tal senso, prima delle imminenti elezioni.

L’attesa grandinata di costi (anche se è solo un assaggio di quella che ci aspetta con la nuova Sen) è arrivata. L’aumento del prezzo del gas naturale, che negli ultimi anni era crollato ed aveva permesso di nascondere nel totale della bolletta elettrica il peso schiacciante degli incentivi alle rinnovabili, ha fatto improvvisamente emergere i costi diretti ed indiretti della sgangheratissima transizione energetica all’italiana di questi ultimi anni.
Cominciamo la nostra rassegna stampa da un giornale politicamente scorretto. Leggiamo dall’articolo di Claudio Antonelli sulla Verità del 30 dicembre “Le bollette rincarano di 1,5 miliardi. Ringraziamo il governo e la Francia”:
“Era il 16 novembre del 2016. Il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, annunciando lo stanziamento di 1,2 miliardi di euro di incentivi a favore delle grande aziende che consumano energia, ebbe a dire: “Agiremo contemporaneamente per ridurre i costi della bolletta energetica, con misure strutturali già delineate nel mercato del gas e dell’elettricità, in modo da abbassare i costi delle forniture per tutti, migliorando il potere di acquisto delle famiglie oltre che la concorrenza internazionale delle imprese”. Tredici mesi dopo, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas diffonde il consueto aggiornamento dei prezzi delle bollette. Detto e fatto. Gli italiani pagheranno dal primo gennaio 2018 il 5,3% in più per consumare la corrente elettrica e il 5% per il gas. Gli interventi strutturali non ci sono stati e gli incentivi alle grandi aziende di Confindustria si sono trasformati in una tassa… Il problema, come più volte ha spiegato Davide Tabarelli, è che si tratta di un pericolo crescente. Tant’è che il 5% di aumento rischia di peggiorare con l’avanzare del 2018… Non bisogna però pensare che a bastonare gli italiani sia solo la sfortuna… stanziare fondi per piani industriali di lungo termine non giova a chi è perennemente in campagna elettorale. E’ sicuramente meglio stanziare oltre 3 miliardi di euro per garantire ai dipendenti pubblici un aumento lineare dello stipendio… piuttosto che investire in rigassificatori che ci svincolerebbero almeno un po’ dalle crisi geo-politiche. Si sa le famiglie dei dipendenti pubblici valgono subito 8 milioni di voti, se fra 5 anni le bollette saranno aumentate di un altro 10% sarà un problema di un altro governo”.
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Ladri di bellezza scatenati

In pieno svolgimento a Roma l’assalto al sistema di tutele ambientali e paesaggistiche per favorire l’eolico.

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Dopo gli episodi di servilismo governativo verso i lobbysti dell’eolico in occasione della redazione della nuova Strategia Energetica Nazionale (Sen) denunciati da noi e dalle associazioni ambientaliste al nostro fianco, a Roma si prosegue sulla stessa falsariga.
In questi giorni al Governo stanno lavorando con la massima alacrità, prima dell’incombente fine della legislatura, su due fronti convergenti:

1) per scrivere un nuovo decreto per le aste (e quindi per la concessione di nuovi incentivi) nel triennio 2018-2020 come richiesto dall’Anev e – contemporaneamente e per ridurre i costi degli speculatori

2) per nuove linee guida più permissive per l’eolico. Leggiamo dalla nuova Sen: (pag. 266) “A livello amministrativo si proporranno… linee guida… in materia di energia … in particolare in tema di semplificazioni delle autorizzazioni per le infrastrutture e gli impianti energetici… In questo processo di semplificazione, un’importanza specifica avrà l’aggiornamento delle linee guida sugli impianti di produzione di energia elettrica rinnovabile…” e (pag. 88): “Per la questione eolico e paesaggio, pare opportuno un aggiornamento delle linee guida per il corretto inserimento degli impianti eolici nel paesaggio e sul territorio, approvate nel 2010, che consideri la tendenza verso aerogeneratori di taglia crescente e più efficienti, per i quali si pone il tema di un adeguamento dei criteri di analisi dell’impatto e delle misure di mitigazione. Al contempo, occorre considerare anche i positivi effetti degli impianti a fonti rinnovabili, compresi gli eolici, in termini di riduzione dell’inquinamento e degli effetti sanitari, al fine di pervenire a una valutazione più complessiva degli effettivi impatti”.
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Eolico. Perchè NO

di Oreste Rutigliano*

“Si disse, era il 2005, -possiamo arrivare a 5000 MW di eolico-. Poi ne hanno installati 9000. Ed ora la nuova Strategia Energetica Nazionale prevede e impone una produzione doppia di energia elettrica da fonte eolica. L’Italia si carica come Atlante i destini del pianeta. Per esserne alla fine schiacciata. Nuovi territori saranno colonizzati dalle Torri Eoliche”. Il presidente di Italia Nostra spiega, in occasione della IX conferenza nazionale sull’efficienza energetica degli Amici della Terra, perché bisogna dire NO all’eolico.

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Le grandi torri eoliche, per la collocazione sui crinali, per l’altezza, per la composizione in serie, introducono nel territorio scenari assolutamente inusuali che irrompono – con la forza delle loro gigantesche dimensioni fuori scala – nella visione paesaggistica. Grandi macchine, potenti, dominanti, in movimento. Chi le conosce o le vive quotidianamente da vicino dichiara inquietudine e turbamento nel vedere i luoghi familiari della propria vita radicalmente mutati e sconvolti da un giorno all’altro. L’impatto poi si ripercuote per ampio raggio sull’aspetto generale dei luoghi di insediamento, distruggendone il valore paesaggistico e panoramico e facendone decadere le vocazioni turistiche.
Grave è la ricaduta connessa alle infrastrutture che accompagnano l’istallazione delle pale eoliche. Scavi, manufatti, scassi, nuovi elettrodotti, chilometri e chilometri di nuova rete stradale di servizio (devastante in zone montane) tra l’altro proporzionata all’accesso di mezzi di eccezionali dimensioni, che ancora una volta deteriorano l’integrità del paesaggio.
Per questi motivi riteniamo, da sempre, che l’eolico non possa avere cittadinanza in Italia, un paese lungo e stretto, densamente abitato nel quale borghi e paesi storici, architetture, monumenti e siti archeologici si contano a migliaia, l’uno in vista dell’altro, distribuiti lungo i versanti che compongono la dorsale appenninica e i gruppi montuosi delle grandi isole. Sicché ogni insediamento industriale di tali proporzioni andrà inevitabilmente a turbare qualsivoglia visuale. Quella che dalla rocca guarda all’antica abazia sull’opposto versante, quella che dall’antica villa storica guarda alla torre medioevale, quella che dall’antico borgo guarda in direzione di antichi terrazzamenti o verso profonde gole che segnano quei paesaggi. Ovunque l’intrusione cambierà per sempre l’immagine che quei luoghi si sono conquistati nei secoli. Questo è quello che abbiamo riscontrato ogni volta che ci siamo imbattuti in una nuova centrale eolica. Eolico uguale distruzione del paesaggio.
Potrebbe essere opinione solo di Italia Nostra, LIPU, Pro Natura, Amici della Terra, Mountain Wilderness, etc. In realtà l’opposizione di Istituzioni, cittadini ed interessi delle categorie legate al turismo balneare, hanno fino ad oggi precluso sempre l’eolico in mare, nella piena consapevolezza dei danni che ne deriverebbero a quelle comunità (Termoli, Sciacca, Manfredonia, Is Arenas, etc). Questo dimostra che dove l’eolico colpisce comunità vaste, organizzate e consapevoli, del valore anche economico del paesaggio la presenza dell’eolico viene osteggiata e respinta.
In conclusione, l’Italia andrebbe esonerata, almeno per il futuro da ulteriori istallazioni, che purtroppo vengono contemplate anche nella nuova SEN, quando quelle quote di energia potrebbero essere facilmente fungibili mediante altre tecnologie.
Al Ministro dei Beni Culturali si chiede pertanto di far valere il superiore interesse del paesaggio, sia in via generale, che in ogni singolo caso che sarà affrontato dalle articolazioni periferiche del Ministero, con circolari e norme chiare che sappiano contrastare una giurisprudenza che spesso mette sullo stesso piano un genericissimo ed indimostrato interesse alla salute legato alle rinnovabili e l’interesse concretissimo alla tutela del paesaggio.

*presidente di Italia Nostra
Per gentile concessione dell’Astrolabio.
http://astrolabio.amicidellaterra.it/

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La nuova SEN di Calenda e Gentiloni rischia il deragliamento in stazione

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Riassunto.
Winter Outlook Entso-E come il bollettino della disfatta di Caporetto per il ministero dello Sviluppo: “Insufficienti interconnessioni tra Nord e Sud, riduzione della capacità di generazione termoelettrica, basso livello dei bacini idroelettrici, possibili eccessi di produzione degli impianti rinnovabili. Quanto all’eolico potrebbe presentarsi la necessità di tagliare la produzione. Le centrali termoelettriche dismesse sono state rimpiazzate solo parzialmente da nuova capacità rinnovabile non flessibile, turbando così l’adeguatezza e l’operatività del sistema elettrico per l’intera rete”. Già proclamato lo stato di pre-allarme per i rifornimenti energetici. Mentre nella nuova Strategia Energetica Nazionale il governo Gentiloni si balocca con le utopie eco-populiste che avvantaggiano gli speculatori eolici, una banale nevicata di poche ore a metà novembre lascia per alcuni giorni senza luce (e quindi senza riscaldamento, telefoni e persino senza… acqua!) tutta la montagna bolognese. Si confida che almeno le vittime di questo blackout dell’Appennino tosco-emiliano (e prossime vittime dell’impalamento eolico previsto dalla nuova Sen) reagiscano. I loro collegi elettorali sono tradizionalmente considerati serbatoi di voti sicuri per mantenere in eterno al potere l’attuale classe dirigente. Alle prossime elezioni politiche i cittadini dimostrino nei fatti, con un voto contrario ad un insostenibile status quo, la volontà di opporsi al declino, alla devastazione del loro territorio ed allo spopolamento.

“Sistema elettrico italiano a rischio inverno” titolava il Quotidiano Energia del 29 novembre scorso: “Insufficienti interconnessioni tra Nord e Sud, riduzione della capacità di generazione termoelettrica, basso livello dei bacini idroelettrici… possibili eccessi di produzione degli impianti rinnovabili. E’ la lista dei potenziali problemi del sistema elettrico italiano contenuta nel Winter Outlook 2017/2018 dell’associazione dei Tso europei Entso-E” (si tratta degli operatori dei sistemi di trasmissione elettrici; in Italia è la Terna. Ndr).
L’articolo del QE, che invitiamo a leggere integralmente dal sito web del “Quotidiano Energia“, è il bollettino della disfatta di Caporetto per il sistema elettrico italiano e per gli strateghi filo-eolici della nuova Strategia Energetica Nazionale (SEN):

– “Nell’eventualità di ondate di freddo e bassa disponibilità della generazione “le analisi indicano che potrebbero materializzarsi rischi in molti Paesi soprattutto nella seconda settimana di gennaio”. In condizioni particolarmente severe “sono previsti margini limitati in Gran Bretagna, Francia, Belgio, Polonia e Italia”. Per quanto riguarda in particolare il nostro Paese, l’Outlook ricorda che tra il 2012 e il 2017 sono stati chiusi 16 GW di capacità convenzionale (scesa così a 61 da 77 GW) e che ulteriori 3,4 GW non sono disponibili a causa di chiusure temporanee e questioni ambientali e legali”.

– “In condizioni normali, l’eccesso di capacità delle zone meridionali non potrà essere interamente trasferita in quelle settentrionali… per le strozzature della rete interna, ma le importazioni dai Paesi vicini potranno coprire le esigenze del Nord. Qualora si verificassero invece “condizioni severe”… permarrebbe l’impossibilità di portare al Nord l’eccesso di capacità del Sud mentre la capacità di import disponibile non sarebbe sufficiente a coprire la domanda del Nord poichè ridotta da una generale situazione di scarsità in Europa… Di conseguenza “nell’inverno 2017/2018 sono previsti rischi rilevanti per il sistema elettrico italiano nel caso di condizioni severe”.

– “L’Italia però non rischia soltanto un deficit di generazione, ma anche il suo contrario. Un elevato livello di produzione eolica e solare durante periodi di bassa domanda, infatti, potrebbe portare a un eccesso di produzione (“downward regulation”), in particolare nel Sud e nelle isole, con i periori più critici nelle settimane intorno a Natale”.

– “Il Winter Outlook si sofferma poi sulle riserve idroelettriche, che dopo un’estate molto secca sono tornate a livelli normali in quasi tutti i Paesi europei, con l’eccezione di Italia e Spagna dove i bacini sono ai minimi storici”. (In Italia, come noto, l’acqua delle grandi dighe viene usata per una molteplicità di usi a spregio delle potenzialità idroelettriche).
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Strategia Energetica Nazionale 2017 come Caporetto 1917

Un ulteriore colpo di acceleratore verso la deindustrializzazione, la miseria e la distruzione del paesaggio appenninico. Se la prossima SEN la facessimo scrivere direttamente ai lobbysti dell’eolico e del fotovoltaico, risparmieremmo tempo e denaro.

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Riassunto.

Pubblicato, dopo la sceneggiata delle “pubbliche consultazioni” monopolizzate dai lobbysti, il testo definitivo della Strategia Energetica Nazionale, che si vanta di perseguire, nonostante l’ammissione dei costi esagerati già sostenuti ed i rischi per la sicurezza, “un obiettivo particolarmente ambizioso, superiore anche rispetto a quanto richiesto dai parametri europei”. L’obiettivo europeo al 2030 per la produzione di rinnovabili sui consumi del 27% (peraltro NON vincolante per i singoli Stati) è stato infatti portato al 28%, concentrando l’aumento nel settore delle rinnovabili elettriche, il cui obiettivo è stato aumentato, rispetto al già fantascientifico 48-50% proposto nel testo sottoposto a pubblica consultazione, al 55%, e riservando questo ulteriore aumento ai settori dell’eolico e del fotovoltaico. I nuovi aerogeneratori da installare entro il 2030 dovrebbero sfondare persino il tetto del massimo potenziale eolico onshore previsto (e preteso) dalla stessa associazione di categoria. Ricompaiono le ambiguità delle onlus pro-eolico ed i loro rapporti con business e politica. Lo strapotere dei lobbysti, gli eccessi di servilismo ministeriale e la figuraccia del Ministro Calenda. Le crescenti avversioni nell’Unione Europea verso queste politiche energetiche autolesionistiche hanno però provocato un ritardo imprevisto e provvidenziale, che rischia di rovinare i piani della combriccola: la trasmissione a Bruxelles del Piano Nazionale energia e clima, di cui “la SEN 2017 costituisce la base programmatica e politica”, slitta di almeno un anno, quando in Italia, dopo le elezioni, ci potrebbe essere un Governo avverso agli speculatori eolici. Le associazioni e i comitati contrari all’eolico industriale selvaggio, le cui preoccupazioni sono state volgarmente ignorate dal Governo Gentiloni, dimostreranno nei prossimi mesi di non essere agnelli sacrificali.

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Abracadabra!

Il pensiero irrazionale si sta radicando nella politica italiana e il settore dell’energia non fa eccezione. In particolare l’elettricità, da produrre nel 2030 soprattutto con… i mulini a vento! Sarà la magia a superare le contraddizioni della nuova Strategia Energetica Nazionale?

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Il 4 ottobre scorso, in occasione della relazione annuale del presidente dell’AEEG, il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda (foto a sinistra) ha comunicato che la SEN sarà promulgata entro fine ottobre, in netto anticipo rispetto a quanto previsto. Se si considera che “la SEN (Strategia Energetica Nazionale) sta ora affrontando un passaggio in Parlamento”, è molto probabile che le pubbliche consultazioni, conclusesi appena il 12 settembre scorso, non abbiano modificato la struttura del documento governativo originale se non marginalmente. Se così fosse, le tanto sbandierate “pubbliche consultazioni” sarebbero state solo una sceneggiata di basso democraticismo. E’ solo una deduzione, ma, oltre al troppo breve intervallo di tempo lasciato agli uffici per esaminare la massa di osservazioni ricevute ed elaborarle nel documento finale, ci sono altri segnali poco incoraggianti per chi si attendeva miglioramenti del testo.
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Italia Nostra: “Meno sprechi d’acqua nelle dighe = meno pale sui crinali”

In Italia la potenza efficiente lorda degli impianti idroelettrici operativi è quasi raddoppiata dal 1963 ad oggi eppure la produzione idroelettrica si è mantenuta sostanzialmente costante. Le ragioni principali dell’anomalia sono la riduzione d’invaso per interrimento delle grandi dighe e l’aumento degli usi plurimi in competizione con la produzione di energia elettrica. Italia Nostra, pur con un’ipotesi conservativa, è convinta che “un obiettivo al 2030 di aumento della produzione idroelettrica degli impianti a bacino esistenti, derivante dalla messa in sicurezza delle dighe, dalla rimozione dei detriti accumulati e dalla destinazione esclusiva alla sola produzione elettrica dei bacini dove già sono presenti impianti a ciò destinati, di 25 TWh, corrispondente a metà dell’incremento previsto dalla nuova SEN della produzione elettrica da FER in costanza dei consumi interni lordi, risulti perfettamente realizzabile.” Ciò permetterebbe di escludere la temuta installazione di nuove pale eoliche su tutto l’Appennino, con minori costi per la collettività, più energia programmabile e la riduzione del rischio idrogeologico.

Al termine dell’incontro del 6 settembre scorso presso il Ministero dello Sviluppo Economico con i rappresentanti del cartello di associazioni ambientaliste firmatarie del documento di osservazioni sulla nuova SEN, il segretario generale del Ministero Andrea Napoletano ha chiesto delucidazioni per iscritto, tra l’altro, sul “consistente recupero della produttività” del sistema idroelettrico a bacino prospettato nel documento comune. Ne è scaturito un pro memoria dal titolo “Enormi potenzialità inespresse del sistema di generazione idroelettrica a bacino esistente in Italia” elaborato dal Gruppo Energia e Ambiente di Italia Nostra, che proponiamo qui di seguito nei suoi tratti essenziali.

Le enormi capacità non sfruttate del sistema idroelettrico italiano “storico” si possono ricavare per deduzione dalla lettura delle pagine 40 – 43 dello studio dell’ RSE “Energia Elettrica, anatomia dei costi” del dicembre 2014.
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Illusioni eoliche a Poggio Tre Vescovi

Mercoledì prossimo a Roma una ennesima conferenza dei servizi per discutere di una ennesima modifica del progetto dell’impianto eolico. Intanto, nella vicina Apecchio (PU), una ennesima beffa eolica a danno di un Comune credulone: i soldi promessi non arrivano. La ditta proprietaria dell’impianto, replicando alle accuse dell’amministrazione comunale, ha ribadito ciò che afferma la legislazione, e cioè che “devono ritenersi nulle tutte le clausole contrattuali che prevedono pagamenti in favore dei Comuni in ragione della presenza nei rispettivi territori di impianti di produzione di energie da fonti rinnovabili… e per tale ragione nessun inadempimento contrattuale può esserle addebitato”.

Il prossimo 6 settembre è convocata a Roma, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’ennesima conferenza dei servizi per decidere le sorti dell’impianto eolico previsto al Poggio dei Tre Vescovi, il tratto appenninico che segna il confine tra le provincie di Rimini, Forlì-Cesena e Arezzo. Un impianto di gigantesche proporzioni – le turbine misurerebbero 180 metri pale comprese – il cui progetto fu avanzato ancora nel 2010 da una ditta tedesca, la Geo, e che venne già bocciato nel 2012 dal Consiglio dei Ministri a causa del suo rilevante impatto sul paesaggio, sulla vegetazione e la fauna, sull’assetto idrogeologico dei terreni interessati, sia durante la fase di cantiere che a fine lavori, oltre che per la carente sostenibilità ambientale ed economica, e le insufficienti misure di mitigazione e compensazione.

L’insistenza della ditta proponente, dopo un ricorso al TAR vinto per un vizio di forma rilevato nella procedura seguita dal Consiglio dei Ministri, ha determinato una limacciosa lungaggine burocratica che si sta tuttora trascinando avanti, tra continui aggiornamenti, ripensamenti e revisioni del progetto da parte della Geo, conseguenti riunioni degli enti della conferenza servizi per l’esame e il riesame delle pratiche, convocazioni a Roma degli enti stessi per fare, disfare e rifare il punto della situazione. Una vicenda ormai divenuta kafkiana, la cui irregolarità amministrativa è stata denunciata anche con una diffida da parte dell’associazione nazionale Italia Nostra.

La costruzione dell’impianto è prevista in una delle zone a maggiore rischio sismico del crinale appenninico, con terreni estremamente instabili e franosi sulla cui pericolosità si è pronunciata anche l’Autorità di Bacino. Si tratta inoltre di una zona che fa da cerniera e corridoio tra due Siti di Importanza Comunitaria, protetti per le peculiarità e criticità dell’ambiente che racchiudono, che verrebbe irrimediabilmente danneggiato dalla costruzione dell’impianto eolico. Anche sulla ventosità della zona i rilevamenti presentati dalla ditta proponente appaiono esagerati rispetto ai dati ufficiali della Carta dei Venti.

Incuranti della pericolosità del progetto e sordi alle tante voci che dal 2010 a oggi si sono levate contrarie (centinaia di privati cittadini rappresentati in un locale comitato, svariati consiglieri comunali, associazioni e gruppi di rilevanza regionale e nazionale quali WWF, Italia Nostra, Rete della Resistenza sui Crinali, Provincia di Rimini, Assoturismo, Assohotel Confesercenti), le amministrazioni locali rappresentate dai tre sindaci di Casteldelci, Verghereto e Badia Tedalda hanno finora appoggiato la ditta proponente, sia pur con qualche saltuario ondeggiamento, allettati dalle promesse di “compensazioni” per le casse comunali che la Geo continua a ventilare.

Promesse o illusioni? Non lontano da Poggio Tre Vescovi, a Scansano (GR), il Comune si ritrova in bolletta (un buco da 700mila euro) per aver contratto debiti confidando nell’entrata di cospicue somme garantite dalla ditta che dieci anni fa costruì un mega impianto eolico. Somme promesse ed evaporate al vento.
Adesso ad Apecchio (PU), ancor più vicino al Poggio Tre Vescovi (a una trentina di chilometri in linea d’aria), il sindaco denuncia  che a un anno dall’installazione delle super eliche al Monte dei Sospiri – torri alte 120 metri: l’impianto più grande delle Marche – i 200mila euro promessi dalla ditta costruttrice non sono ancora arrivati. La stampa locale ha riportato la dichiarazione della ditta che, replicando alle accuse dell’amministrazione comunale, ha ribadito ciò che afferma la legislazione, e cioè che “devono ritenersi nulle tutte le clausole contrattuali che prevedono pagamenti in favore dei Comuni in ragione della presenza nei rispettivi territori di impianti di produzione di energie da fonti rinnovabili… e per tale ragione nessun inadempimento contrattuale può esserle addebitato”.

Anna Missiroli
Comitato Cittadino Salviamo Poggio 3 Vescovi
Badia Tedalda – Casteldelci – Verghereto

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Ecco il documento di forte critica delle associazioni ambientaliste alla nuova SEN

E in particolare “sulle gravi conseguenze derivanti dal perdurare di una politica disinvolta in materia di insediamento di centrali eoliche”.

Roma, 31 luglio 2017

Al Presidente del Consiglio dei Ministri Paolo Gentiloni
presidente@pec.governo.it
al Ministro dell’Economia e delle Finanze Pier Carlo Padoan
caposegreteria.ministro@mef.gov.it
al Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda
segreteria.ministro@mise.gov.it
al Ministro dell’Ambiente del Territorio e del Mare Gianluca Galletti
segreteria.ministro@pec.minambiente.it
al Ministro per i Beni e le Attività Culturali Dario Franceschini
segreteria.ministro@beniculturali.it
al Ministro delle Politiche Agricole e Forestali Maurizio Martina
ministro@pec.politicheagricole.gov.it
al Ministro per la Coesione Territoriale Claudio De Vincenti
segr.ministrodevincenti@governo.it
LORO SEDI
p.c. agli organi di informazione

OGGETTO: Osservazioni al documento sottoposto a consultazione pubblica “Strategia Energetica Nazionale” e relative implicazioni negative.

Si pongono con ogni urgenza all’attenzione degli On.li Presidente del Consiglio e Ministri in indirizzo le osservazioni di cui al documento in oggetto (di seguito SEN) allo scopo di richiamare una più rigorosa valutazione, in particolare sulle gravi conseguenze derivanti dal perdurare di una politica disinvolta in materia di insediamento di centrali eoliche.
E’ opportuno premettere che nel novembre 2012 queste stesse associazioni avevano trasmesso un argomentato documento al Governo Monti in occasione della prima versione della SEN. A posteriori, tale documento, che pure non ha avuto alcun riscontro istituzionale, si è rivelato preveggente e permane attualissimo per comprendere le dinamiche che continuano a lacerare ciò che rimane del Bel Paese. Abbiamo perciò scelto di riproporlo in gran parte, aggiornandone alcuni aspetti, come base di queste nostre rinnovate osservazioni alla nuova SEN, e confidando, questa volta, in una maggiore attenzione.

Com’è noto, le scriventi associazioni sono fautrici delle fonti energetiche rinnovabili (di seguito FER), ma ben conoscono i limiti delle fonti rinnovabili elettriche intermittenti, oltre alle conseguenze della colossale speculazione finanziaria e territoriale che caratterizza il loro sviluppo da anni ingovernato.
Forti di un pluriennale impegno contro gli eccessi speculativi delle rinnovabili elettriche – e dell’eolico in particolare – e le conseguenti distorsioni a danno dell’ambiente e del paesaggio italiano e a detrimento degli altri settori della “green economy”, dopo avere constatato nei fatti l’immancabile verificarsi di tutte le negatività previste e denunciate in questi ultimi anni, le sottoscritte associazioni devono stigmatizzare come il presente documento si traduca in una ostinata riproposizione delle politiche miopi fin qui perseguite.
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Nove associazioni ambientaliste giudicano la nuova SEN prona ai voleri della lobby eolica

ALTURA, Amici della Terra, Comitato per la Bellezza, Comitato Nazionale per il Paesaggio, Pronatura, Italia Nostra, LIPU, Mountain Wilderness e Wilderness Italia: “Con la nuova SEN, il Governo annuncia bollette elettriche ancora più care, sacrifica all’eolico nuovi preziosi territori e non persegue azioni efficaci contro i gas serra.”

Cedendo ancora una volta alle pressioni delle lobby dell’eolico, la “Strategia Energetica Nazionale” (SEN) messa a punto dal Governo prepara ulteriori rincari della bolletta elettrica a danno di famiglie e imprese e una nuova ondata di devastazione del paesaggio e della biodiversità. Inoltre, scegliendo di favorire le fonti rinnovabili elettriche intermittenti come strumento prevalente per il contenimento delle emissioni di gas serra, il Governo rinuncia ad incrementare azioni più efficaci, relativamente meno costose e più appropriate per il nostro Paese, come la promozione dell’efficienza energetica, delle rinnovabili termiche e della mobilità sostenibile.
Le associazioni ambientaliste ALTURA, Amici della Terra, Comitato per la Bellezza, CNP-Comitato Nazionale per il Paesaggio, Federazione Nazionale Pronatura, Italia Nostra, LIPU Birdlife Italia, Mountain Wilderness, Wilderness Italia hanno inviato oggi un documento comune  di osservazioni alla SEN al Presidente del Consiglio dei Ministri Paolo Gentiloni e ai Ministri interessati (Sviluppo Economico, Ambiente, Economia e Finanze, Beni e Attività Culturali, Politiche Agricole e Forestali) per denunciare che ”’aumento dell’obiettivo delle rinnovabili elettriche dall’odierno 33-34% al 48-50% senza che sia posto alcun limite alle tecnologie, come l’eolico o il miniidro, che comportano consumo del territorio e danno al paesaggio e alla biodiversità, comporterà il sacrificio di ulteriori territori fra i più belli e delicati del nostro Paese nel tentativo di conseguire nel breve arco di pochi anni un incremento di 15 punti percentuali di contributo rinnovabile nel solo comparto elettrico che si tradurrà in appena il 4% di contributo sul fabbisogno energetico complessivo” .
Le associazioni sottolineano che “lo sforzo finanziario titanico – e la relativa speculazione – pro rinnovabili elettriche degli ultimi anni è stato alla base dell’incremento del 20% del costo dell’energia in bolletta. Quegli incentivi, già garantiti, alle rinnovabili solo elettriche già installate costeranno, alla fine, oltre 200 miliardi. Pari a 50 anni di intervento straordinario nel Mezzogiorno (fonte Nomisma) … Su questi risultati pesa la delocalizzazione all’estero di produzioni industriali energivore e relative – maggiori – emissioni di gas serra … Ora, l’attuale sforzo non può essere pressoché raddoppiato senza alcuna preventiva valutazione territoriale, ambientale, paesaggistica ed economica”.
Le associazioni ritengono che una ulteriore crescita di contributo rinnovabile al comparto elettrico possa avvenire solamente attraverso tecnologie come il fotovoltaico capaci di integrarsi nei tessuti già urbanizzati ma privi di significato storico e architettonico e che la crescita degli obiettivi di riduzione dei gas serra debba essere perseguita con convinzione ma nel rispetto della sostenibilità ambientale del nostro territorio che, con i suoi celebrati paesaggi rurali, con la natura, con le ricchezze storico archeologiche e con i suoi equilibri agro-pastorali, rappresenta un bene limitato, prezioso e irrinunciabile.

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Un ammonimento del neo Presidente di Italia Nostra sulla falsa rivoluzione verde

Mentre a Roma è appena iniziata la pubblica consultazione sulla nuova Strategia Energetica Nazionale (SEN), che minaccia di perseverare negli errori commessi in passato ad esclusivo favore delle rinnovabili elettriche non programmabili e dell’eolico in particolare, riteniamo utile riproporre un severo intervento di tre anni fa di Oreste Rutigliano, sul sito web della Rete della Resistenza sui Crinali.

fotopost

Noi sognavamo un pannello per ogni tetto, per ogni famiglia, per ogni scuola e per ogni capannone a vantaggio delle piccole e medie imprese.
Noi sognavamo che tutti gli italiani si mettessero in mente un’idea: come posso risparmiare energia e combustibili, cosa posso fare per spendere meno di riscaldamento, dove mettere il pannello per riscaldare l’acqua sanitaria con il sole…
Noi sognavamo.
E invece è andata nel modo peggiore immaginabile.
La “rivoluzione verde” in Italia, finora, si è dimostrata in gran parte un gigantesco inganno.
Infatti sono arrivati loro: gli investitori della turbo finanza, le multinazionali, gli amici degli amici e i compari dei compari, persino gli stessi petrolieri, che, per diversificare i propri investimenti, hanno installato pale e pannelli dappertutto… E tutti si sono detti: investiamo in grande, chiediamo incentivi altissimi con la scusa del buonismo ecologico e accaparriamoci i siti – spesso bellissimi e finora incontaminati – che graziosamente gli amministratori locali italiani ci concedono. Lì non dobbiamo dividere i profitti con nessuno, fatta salva una mancetta ai Comuni per le royalties e qualche briciola per i proprietari dei campi agricoli o dei pascoli di montagna in cui andremo ad insediare le nostre centrali rinnovabili. Ma, mi raccomando: tutte di dimensioni industriali, per ridurre i nostri costi fissi. E, soprattutto, senza rischiare quasi niente in proprio, affidandoci ad una leva finanziaria lunghissima che il sistema bancario italiano (si parla di prestiti al solo settore fotovoltaico di 40 miliardi: è possibile? nessuno ha mai controllato?), colpevolmente, ha assicurato per pura ingordigia, confidando in una inverosimile capacità del “sistema Italia” di reggere ad un onere di questa entità senza collassare.
Tutti i soldi disponibili nei prossimi vent’anni per preservare l’ambiente si sono subito esauriti, a vantaggio di pochi astuti privilegiati. Tutti i nostri sogni si sono subito spenti. In tante, troppe zone d’Italia è cominciato l’incubo di un iniquo sfregio paesaggistico apparentemente senza fine. Ora persino tra alcuni iniziali sostenitori di questi impianti comincia a sorgere il sospetto che l’Italia possa non farcela a sopportare un simile fardello tanto a lungo.
E dunque.
Che fare ora, per salvare il salvabile, se non tassare in modo congruo queste rendite puramente speculative utilizzando il conseguente gettito fiscale a vantaggio di altri settori della green economy, ben più promettenti, rimasti al palo? O vogliamo aspettare che decida il caso, quando il sistema delle FER elettriche industriali crollerà sotto il suo stesso peso? Il castigo per gli speculatori sarebbe comunque peggiore di quell’intervento governativo di imperio, ancorchè severissimo, che le attuali, drammatiche circostanze richiedono e che noi auspichiamo.
Oreste Rutigliano

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La Sen e l’arte della manutenzione dell’idroelettrico

Presentata la bozza della nuova Strategia energetica nazionale (Sen). Un valore obiettivo abnorme proposto per le rinnovabili elettriche al 2030 (obiettivo che per l’Unione Europea non è neppure vincolante) ci fa temere un’ulteriore ondata di costi in bolletta e un diluvio di pale su tutti i crinali dell’Appennino. A meno che se non venga data la priorità negli investimenti, con un programma di manutenzione e ripotenziamento, al settore idroelettrico a bacino già esistente.

Anima mia, non aspirare alla decarbonizzazione integrale, ma esaurisci il campo del possibile. (Pitiche 2017)

E dunque mercoledì scorso è stata presentata l’attesa bozza della nuova Strategia energetica nazionale (Sen), che indica il percorso per ottemperare agli obiettivi europei al 2030. Con essa, tutti i nostri timori si sono concretizzati: il governo italiano intende persino andare oltre gli obblighi – già soffocanti – imposti dall’Unione Europea.
L’occasione della presentazione è stata l’audizione congiunta del ministro dello Sviluppo Calenda e di quello dell’Ambiente Galletti davanti alle commissioni riunite Ambiente e Attività Produttive della Camera.
La bozza, nonostante le apparenze del formato compatto e l’insistito ricorso a numeri ed a grafici, ci appare un ennesimo testo New Age, con il solito eccesso di sentenziosità Zen, chiaramente derivato dalla insopportabile retorica ecologista della Cop21 di Parigi, che tanta parte ha avuto, a causa della reazione di una opinione pubblica americana ormai esasperata dal politically correct, nella recente elezione di Trump. Non abbiamo dubbi che il testo definitivo della Sen, che vedrà la luce dopo una “consultazione pubblica” lunga 30 giorni (ma che immaginiamo nascosto in qualche cassetto ministeriale), soffrirà ancor di più di questi difetti, il principale dei quali appare la mancanza del quesito ineludibile: chi paga?
Le lobby, negli ultimi mesi già attivissime, si scateneranno nelle prossime quattro settimane per ottenere, a favore dei propri settori, quante più libbre possibili di carne dal corpo già martoriato dei consumatori italiani, ed i sommi ideologi della “corrente di pensiero elettrica” (la definizione ironica è dello stesso ministro Calenda) non ci risparmieranno nulla del loro armamentario retorico, per essere ben sicuri di affondare il sistema industriale ed arrecare quanti più sfregi possibili al territorio italiano.
Prima di iniziare è però opportuno chiarire una cosa, che dovrebbe contribuire a risollevare un po’ gli animi: la Sen non è esplicitamente prevista, almeno finora, in alcun atto con forza di legge. Questo significa non solo che la nuova Sen non sarà un nuovo Vangelo, ma che servirà tutt’al più alla politica e all’opinione pubblica per capire quali sono i rapporti di forza tra i vari “stakeholder” che ci stanno sbranando. Ciò precisato, cominciamo con le cattive notizie.
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Il ministro dello sviluppo Calenda: “La scelta fatta con le rinnovabili è stata una scelta dissennata”

Carlo Calenda ragiona sulla SEN: “Sbagliato trasformare l’investimento in rinnovabili in una pura speculazione finanziaria come è stata per molti anni con tassi di ritorno che non sono umani e che non hanno niente da vedere con la realtà”. “Rischio di avere approcci eccessivamente ideologici”. “Probabilmente gli investimenti predominanti saranno quelli sull’efficienza energetica rispetto alle rinnovabili”. “La Germania continua di fatto a impedire che si sviluppi una vera politica sull’abbandono del carbone”.

ministroCarlo Calenda sta studiando da premier. L’indipendenza di giudizio dimostrata dal ministro dello sviluppo economico (anche) nel suo contributo all’incontro “Going to G7 Energy”, organizzato a Roma dal Centro Studi Americani il 15 marzo scorso, conferma che l’uomo vuole e sa volare alto. Consapevole della “necessità impellente di aggiornare la Strategia Energetica Nazionale (SEN)”, il ministro dello sviluppo ha scelto, per il suo intervento, di trascurare quasi del tutto l’obiettivo dell’incontro (i temi geopolitici che saranno discussi al prossimo G7 Energia, che si svolgerà a Roma il 9 e 10 aprile prossimi) e di concentrare l’attenzione sulla nuova SEN, in fase di elaborazione presso il suo dicastero.
Ribadendo una forte carica di pragmatismo, da noi già rilevata in passato, anche in questa occasione ha picconato alcuni tabù “politicamente corretti” che, tanto per fare un esempio, il sedicente “rottamatore”, durante il precedente governo da lui presieduto, non aveva mai neppure osato sfiorare. Così facendo, Calenda si candida, al pari del suo collega di governo Marco Minniti, alla guida dell’esecutivo di “solidarietà nazionale” PD-Forza Italia che tutti ormai considerano inevitabile per la prossima legislatura.   
Riproponiamo qui di seguito, senza commento alcuno (ma non ci mancherà occasione di farlo nelle prossime settimane, essendo il testo definitivo della nuova SEN previsto per maggio), alcuni passaggi-chiave del discorso del ministro dello sviluppo ad uso e consumo di chi non intende ascoltare, come pure noi consigliamo, tutto il suo intervento, che conclude l’incontro di Roma e che nel filmato reso disponibile in rete inizia attorno al minuto 2h:13. Ci limitiamo ad osservare che Calenda giunge alle stesse, identiche conclusioni sulle quali in questi anni ha martellato, in splendida solitudine o quasi, la Rete della Resistenza sui Crinali.
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Il Deserto dei Vescovi: attese destinate all’eternità

Qualche elementare riflessione sulla giustizia amministrativa scaturita dalla interminabile vicenda del progetto dell’impianto eolico di Poggio Tre Vescovi.

Il paradosso è sempre in agguato. E non solo nelle storie di Dino Buzzati.
Lo stiamo vedendo nell’interminabile, tragicomica vicenda del progetto di impianto eolico del Poggio Tre Vescovi, a cavallo fra i territori delle regioni l’Emilia-Romagna e Toscana, fra le province di Arezzo, Rimini e Forlì-Cesena.
Proviamo a delineare tale vicenda con un linguaggio da enoteca di basso rango.
Anni fa, in sede di Conferenza dei Servizi Interregionale, non risultò possibile trovare un accordo fra i vari enti coinvolti nella valutazione del progetto. Alcuni di essi si pronunciarono a favore, altri invece non riuscivano proprio a trovare una compatibilità dell’impianto, sulla base e nell’ambito delle rispettive competenze. Il progetto dovette quindi essere rinviato alla valutazione del Consiglio dei Ministri. Che però neppure riuscì a comporre i dissensi fra i vari enti: chi aveva espresso contrarietà… continuava a esprimere contrarietà.
A quel livello il progetto venne bocciato (Delibera Cons. Min. 27/01/2012). Fine, direte voi.
Fine un piffero, ahinoi.
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La soap opera di Poggio Tre Vescovi

Riassunto dell’ultima puntata

“Abbiamo letto il verbale dell’ultima riunione svolta tra gli enti che devono decidere il destino di questo progetto eolico e ci chiediamo che cosa aspettino a chiudere una procedura che si sta trascinando oltre ogni ragionevole limite”. Lo afferma Anna Missiroli del Comitato cittadino Salviamo Poggio Tre Vescovi, che da anni si batte per fermare la realizzazione di un grande impianto eolico proposto dalla Geo Italia srl, derivata da una ditta tedesca, la Geo GmbH, per lo spartiacque tra Romagna, Montefeltro e Toscana (i Comuni interessati sono Casteldelci RN, Verghereto FC e Badia Tedalda AR). “Dall’inizio del 2011, quando la Geo presentò richiesta di autorizzazione, sono trascorsi sei anni e ancora non si è presa una decisione! Ormai sembra diventata una soap opera!”
L’originario progetto della Geo (36 aerogeneratori, alti 180 metri l’uno compresa l’elica, per una potenza prevista di complessivi 122,40 MW) venne in verità già bocciato nel gennaio 2012 dal Consiglio dei Ministri, che dovette per legge intervenire poiché gli enti chiamati a partecipare alla conferenza dei servizi non riuscivano a trovare un’intesa tra chi era favorevole (i comuni di Pieve Santo Stefano, Verghereto, Badia Tedalda, Casteldelci e le comunità montane Val Tiberina, Alta Val Marecchia e Appennino Cesenate) e chi contrario (il MIBACT-Ministero dei beni ambientali culturali e del turismo, le regioni Emilia Romagna e Toscana, le provincie di Forlì-Cesena e di Arezzo, il comune di Sestino). L’allora governo Monti stabilì di respingere il progetto, valutandolo incompatibile con il contesto paesaggistico.
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